LO SPETTACOLO
Aldo De Benedetti (1892-1970) costituisce una pietra miliare
della drammaturgia europea del ‘900.
Definito un ‘gran signore del teatro’ ha scritto ben 23 commedie, tutte rappresentatissime in Italia e all’estero
e soggetti e sceneggiature per 120 film.
Quasi contemporaneo di Pirandello,
è stato ingiustamente ostracizzato dai suoi contemporanei
come autore leggero, d'evasione,
spesso guardato dall'alto in basso con sufficienza.
Subì inoltre, come ebreo, le persecuzioni delle leggi razziali,
che impedirono alle sue commedie di essere rappresentate
tra il 1938 e la fine della seconda guerra mondiale.
Per fortuna, in epoche più recenti,
la sua ‘riabilitazione’ nel Gotha dei grandi autori di Teatro
ha permesso di lasciar affiorare,
sotto la delicata superficie delle sue opere,
uno sguardo lucido, impietoso e allo stesso tempo partecipe della vita umana, con le sue bellezze, debolezze e miserie.
La scorrevolezza del dialogo e l’abile costruzione delle sue commedie non sono lontane dalla tradizione teatrale
di cui Goldoni fu il più insigne esponente.
“…Le vicende immaginate da De Benedetti si propongono oggi come un’alternativa, come l’indice di un sentimento ancora condiviso, forse di una nostalgia:
il riconoscimento del limite, l’invito a superarlo, ma insieme l’ammonimento a tenersene lontano,
il consiglio di chi non vuole che tu ti perda,
che inseguendo un miraggio
non distrugga quel poco di bene
che ti resta. ….
De Benedetti ci parla del mito dell’evasione
in forme che non sopprimano ogni anelito a una vita diversa,
bensì l’aiutino a rientrare nell’ordine,
ad accettare un destino che è quello che è…” (Achille Fiocco)
E proprio fedele a questo ‘breve ritratto’,
s’inserisce la commedia “Il Libertino”, scritta nel 1960,
che i C’era L’Acca hanno scelto per rendere a onore
a questo Maestro del Teatro e per divertire il pubblico, contribuendo al suo riscatto.
La vicenda di un modesto impiegato statale che,
schiacciato da una famiglia ‘ingombrante’,
rincorrendo con timore e tremore un sogno proibito,
diviene vittima inconsapevole di un ‘pasticciaccio’
da cui sgattaiolerà fuori, un po’ ammaccato forse,
ma pronto a riaffrontare con umorismo la vita.
Si ride e si riflette sul destino dell’uomo comune,
con leggerezza e profondità.
Ben si addice alla commedia quanto lo stesso De Benedetti dichiara “Per me ciò che scrivo è importantissimo anche se i miei personaggi sono mossi da fragilissimi fili. Se quei fili divenissero più forti e tenaci avrei l’impressione che si fossero mutati in catene.”
La messa in scena, com’è tradizione dei C’era L’Acca, è leggera, insegue e asseconda il lavoro degli attori, si monta e si smonta come i cubetti di un gioco di bimbi, e consente di essere incorniciata dai luoghi che l’accolgono valorizzando il teatro naturale di questa commedia umana, come un luogo dell’anima..
Maria Eugenia D’Aquino